Il miglior asset di Sabanet: le persone
L’altro giorno mi è stata fatta una domanda da Gianfranco Zizzo, CEO di Sabanet:“Cosa vuoi fare da grande?”
La risposta è stata: “Quello che sto facendo e cioè occuparmi della Comunicazione dell’azienda.”
5 anni fa sono tornata a Taranto riempiendo la valigia di sogni e aspettative e svuotandola di tutte quelle presenze ingombranti che, come è comprensibile, ti rallentano significativamente.
Le persone cambiano, cambiano i bisogni, cambia il modo di guardare le cose. E cambia il modo in cui interroghi i tuoi demoni interiori (che abbiamo tutti, bene o male) con i quali, alla fine, impari a convivere.
Una cosa, però, l’ho capita da tutto questo subbuglio interiore. Ho capito che voglio dare valore al mio territorio. Ho capito che voglio essere di ispirazione a chi ancora non ha proclamato tregua alle proprie paturnie esistenziali. E voglio dire a chi è abituato al livore, che l’olezzo indigesto della paura del fallimento è un affare assai scomodo e va affrontato anche quando i progressi sono temporanei e a precederci è un casino cosmico.
Lavorare in Sabanet
Lavorare in Sabanet significa concedersi il diritto di sognare e di provare a fare quelle grandi cose che fanno le persone grandi (dove “grandi” non ha a che fare con l’anagrafe). È così per tutti? Ovviamente no, ma è così per la maggior parte di coloro che popolano l’azienda. È così per chi non si lascia sfuggire l’occasione di entusiasmarsi per un traguardo raggiunto, per le sfide che incombono.
Penso che il segreto, in tutto questo marasma – stiamo parlando di un cospicuo gruppo di 70 anime – sia costruire impalcature emotive solide, creare punti di contatto con le persone, che sia il tuo vicino di scrivania o meno. Già, perché le persone sono il maggiore asset di qualunque scelta personale e imprenditoriale. Almeno per la Sabanet.
Dagli sviluppatori ai sistemisti, dai consulenti a chi si occupa dell’amministrazione, fino ai commerciali, ai responsabili del Customer care e al team “Comunicazione”, c’è chi ogni giorno – tra una risata, un isterismo e un’imprecazione – regala un pezzo di sé all’azienda, investe il proprio tempo in progetti nuovi, percorre strade inesplorate con tutte le difficoltà del caso.
Ti pare poco? A me no. Piuttosto, mi pare tanta roba il fatto che in un territorio ostico come quello tarantino si riesca a parlare di innovazione (e a praticarla), cambiamento, ricerca, sviluppo (e a praticarli). Mi pare tanta roba che si riesca a raggiungere obiettivi ambiziosi e – attingendo a quei “cervelli” che hanno deciso di restare (chapeau!) – si creino i presupposti per contaminare positivamente chi si affaccia sulla masseria di via Alberto Sordi; che è la nostra casa, la casa di Sabanet e lo è anche per quei colleghi che – ad oggi – fanno vivere le sedi di Roma e Milano.